Sentenza 28 luglio 1976 n. 202

Sentenza 28 luglio 1976, n. 202 (Gazzetta ufficiale 4 agosto 1976, n. 205); Pres. P. ROSSI, Rel. A. DE MARCO, imp. Recca, Romani, Cattozzi, Cazzulo, Gasparini, Campione, Sacchi, Murtas, Comparini, Anastasio (Avv. G. Guarino) ed altri, parte civile R.a.i.-TV (Avv. P. Barile, E. Santoro, A. Pace); interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti).

Radiotelevisione e servizi radioelettrici – Impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l’ambito locale – Divieto di esercizio previa autorizzazione – Esauribilità delle frequenze da parte della società concessionaria – Incostituzionalità (Costituzione, art. 3, 21; legge 14 aprile 1975 n. 103, nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva, art. 1, 2, 14, 45).

Radiotelevisione e servizi radioelettrici – Questioni inammissibile e manifestamente infondata di costituzionalità (Costituzione, art. 1, 2, 3, 9, 10, 11, 21, 33, 41, 43, 49, 138; d. pres. 29 maggio 1973 n. 156, t. u. delle disposizioni in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, art. 195; legge 14 aprile 1975 n. 103, art. 1, 2, 3, 4, 45, 46, 47, 48).

Sono illegittimi, per violazione degli art. 3 e 21 Cost.: a) gli art. 1, 2, 45 legge 14 aprile 1975 n. 103, nella parte in cui non sono consentiti, previa autorizzazione statale e nei sensi di cui in motivazione, l’installazione e l’esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l’ambito locale (nella motivazione si precisa che “il riconoscimento di iniziativa privata […], data la connessione con il servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale, costituito, tra l’altro, dalla diffusione via etere su scala nazionale di programmi radiofonici e televisivi ed affidato al monopolio statale, postula la necessità dell’intervento del legislatore nazionale perché stabilisca l’organo dell’amministrazione centrale dello Stato competente a provvedere all’assegnazione delle frequenze ed all’effettuazione dei conseguenti controlli, e fissi le condizioni che consentano l’autorizzazione all’esercizio di tale diritto in modo che questo si armonizzi e non contrasti con il preminente interesse generale di cui sopra e si svolga sempre nel rigoroso rispetto dei doveri ed obblighi, anche internazionali, conformi a Costituzione. In particolare si dovranno stabilire: a) i requisiti personali del titolare dell’autorizzazione e dei suoi collaboratori, che diano affidamento di corretta e responsabile gestione delle trasmissioni; b) le caratteristiche tecniche degli impianti e la relativa zona di servizio, nonché la specificazione delle frequenze e dei canali utilizzabili; c) l’esatta indicazione dell’ambito di esercizio, il cui carattere “locale” deve essere ancorato a ragionevoli parametri d’ordine geografico, civico, socio-economico, che consentano una limitata ed omogenea zona di utenza, senza, peraltro, eccessive restrizioni, tali da vanificare l’esercizio medesimo; d) eventuale fissazioni turni ed adozione di ogni altro accorgimento tecnico, al fine di non turbare il normale svolgimento del servizio come sopra riservato allo Stato ai sensi degli art. 1 e 2 della citata legge n. 103 del 1975 e di ogni altro servizio parimenti riservato allo Stato, ed al fine di rendere possibile il concorrente esercizio di attività da parte degli altri soggetti autorizzati; e) limiti temporali per le trasmissioni pubblicitarie, in connessione con gli analoghi limiti imposti al servizio pubblico affidato al monopolio statale; f) ogni altra condizione necessaria perché l’esercizio del diritto, previa autorizzazione, si svolga effettivamente nell’ambito locale e non dia luogo a forme di concentrazione o situazioni di monopolio o oligopolio. Ove concorrano le condizioni, da stabilire nei modi sopra indicati., il rilascio dell’autorizzazione è vincolato e non meramente discrezionale, con tutte le conseguenze giuridiche che tal natura dell’atto comporta nel nostro ordinamento); b) (ai sensi. dell’art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87) l’art. 14 legge 14 aprile 1975 n. 103, nella parte in cui prevede la possibilità che mediante le realizzazioni di impianti da parte della società concessionaria siano esaurite le disponibilità consentite dalle frequenze assegnate all’Italia dagli accordi internazionali per i servizi di radiodiffusione. (1)

E inammissibile, sia per contraddittorietà e carenza di motivazione, sia per difetto di rilevanza rispetto ad un procedimento penale per il reato di cui agli art. 1, 183 e 195 codice postale per avere posto in opera una stazione emittente televisiva via etere, la questione di costituzionalità degli art. 1, 2, 3, 4, 45, 46, 47 e 48 legge 14 aprile 1975 n. 103, in riferimento agli art. 1, 2, 3, 2″ comma, 9, 10, 11, 21, 33, 49 e 138 Cost. (2)

E manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 195, 1. e 5″ comma, d. pres; 29 maggio ,1973 n. 156, già dichiarato incostituzionale con la sentenza della Corte costituzionale n. 225 del 1974, in riferimento agli art. 41 e 43 Cost. (3)

La Corte, ecc. – 1. – I dieci giudizi, promossi con le ordinanze di cui in epigrafe, avendo per oggetto, sostanzialmente, questioni identiche o strettamente connesse, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. – In ordine logico deve essere esaminata per prima la questione sollevata con l’ordinanza 23 dicembre 1975 del Pretore di Ancona, dato che, per effetto delle eccezioni sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato e anche dal patrocinio della parte privata, imputato nel giudizio a quo, si presentano problemi pregiudiziali di ammissibilità, anche sotto il profilo del difetto di rilevanza.

Come si è detto in narrativa, infatti, con l’ordinanza in esame, vengono denunziati, in riferimento agli art. 1, 2, 9, 10, Il, 21, 33, 49, 138 e “ai principi generali della Costituzione”, gli art. 1, 2, 3, 4, 45, 46, 47 e 48 legge n. 103 del 1975 e comunque l’intera legge, che pur si afferma non presentare vizi di costituzionalità “sul piano teorico”, in base all’asserzione che nell’applicazione pratica si rileva la deviazione dalle linee fondamentali indicate dal legislatore costituente.

Sennonché, nella pur diffusa motivazione, a parte considerazioni astratte, che non trovano riscontro in concreto indicazioni che possano far individuare come e perché siano stati violati gli articoli della Costituzione richiamati, come si riconosce nella stessa ordinanza di rinvio, “forse in numero sovrabbondante rispetto all’effettiva necessità” invano si ricerca la formulazione di un concreto motivo di censura.

L’unico rilievo specifico, attraverso il quale si potrebbe giungere ad identificare la violazione di talune norme costituzionali a riferimento è quello relativo alle tecniche d’attribuzione dei posti negli organi deliberanti ed alle nomine di funzionari di grado elevato e dei dirigenti, ma è chiaro che tutto ciò non ha alcuna riIevanza ai fini dell’oggetto del giudizio a quo.

Ne consegue che sia per contraddittorietà e carenza di motivazione, sia per difetto di riIevanza la questione deve dichiararsi inammissibile.

3. – Sempre in ordine logico deve essere, poi, esaminata la questione sollevata con l’ordinanza 21 ottobre 1975 dal giudice istruttore presso il Tribunale di Genova.

Questa ordinanza ha per oggetto il procedimento penale per una contravvenzione, punibile ai sensi dell’art. 195 t. u. approvato con il d. pres. n. 156 del 1973, reato bensì permanente ma la cui permanenza deve ritenersi cessata, per effetto della sentenza del Pretore di Genova, sezione staccata di Torriglia, in data 5 aprile 1974, sentenza appellata dal pubblico ministero, senza peraltro contestazione della continuazione.

Il giudice istruttore presso il Tribunale di Genova era, pertanto, investito della cognizione, in grado di appello, di un reato consumato in data anteriore al 5 aprile 1974.

Conseguentemente, essendo nel frattempo intervenuta la sentenza di questa corte n. 225 del 1974 (Foro it., 1974, I, 1945), con la quale l’impugnato art. 195 t. u. del 1973 n. 156 è stato dichiarato costituzionahnente illegittimo, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata, come già è stato deciso, in casi identici, con la sentenza di questa corte n. 1 del 1976 ,(id., 1976, I, 863).

4. – Le altre otto ordinanze (due delle quali e precisamente quella del Pretore di Ragusa e quella del giudice istruttore presso il Tribunale di Reggio Emilia si riferiscono ad impianti per trasmissioni televisive via etere, le altre ad impianti per trasmissioni radiofoniche via etere) senza contestare la legittimità costituzionale del. monopolio statale per le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale, e richiamandosi, anzi, alle motivazioni delle sentenze di questa corte che l’hanno affermato, contestano la legittimità della estensione del. regime di monopolio agli impianti ed all’esercizio di stazioni radiofoniche e televisive via etere su scala locale, per i quali chiedono l’assoggettamento a regime di autorizzazione in analogia con quanto è stato dichiarato con la sentenza di questa corte n. 226 del 1974 (Foro it., 1974, 1, 1945) ed attuato con la legge n. 103 del 1975 nella parte relativa alle trasmissioni televisive via cavo.

Comune a tutte queste otto ordinanze è la tesi che il motivo fondamentale che ha indotto questa corte a riconoscere la legittimità del monopolio statale è la limitatezza dei canali utilizzabili (sentenze n. 59 del 1960, Foro it., 1960, I, 1065, e n. 225 del 1974) e che questo motivo, se può ritenersi tuttora valido, allo stato attuale, per le trasmissioni su scala nazionale, non lo è per quelle su scala locale.

Di qui la conseguenza che la persistente estensione del monopolio statale a queste ultime trasmissioni sarebbe costituzionalmente illegittima, in riferimento: a) secondo il Pretore di Novara, agli art. 3, 10, 21, 41 e 43 Cost.; b) secondo il Pretore di S. Miniato, agli art. 2, 3, 21, 41 e 43; c) secondo il Pretore di Livorno, agli art. 3, 21, 41 e 43; d) secondo il Pretore di Ragusa, agli art. 3, 10 e 21; e) secondo il giudice istruttore presso il Tribunale di Reggio Emilia, agli art. 21, 41 e 43; f) secondo il Pretore di Lecco, agli art. 3 e 21; g) ed h) secondo i Pretori di Biella e di Castelfranco Veneto, all’art. 21.

A sostegno della tesi della possibilità di trasmissioni su scala locale senza intralci né per quelle delle reti nazionali, né per quelle di altre su scala locale, le varie ordinanze di rimessione si richiamano o a consulenze tecniche esibite dalle parti private o allo stato di fatto ormai esistente, secondo il quale attualmente sarebbero funzionanti in Italia ben 400 impianti del genere.

Tanto l’avvocatura dello Stato, quanto il patrocinio della R.a.i.-TV contestano, anzitutto, sulla base di elaborati accertamenti tecnici, la disponibilità, se non illimitata, tuttavia sufficientemente ampia, di canali utilizzabili per impianti su scala locale, asserita nelle ordinanze di rimessione.

Sostengono, poi, che, come ha riconosciuto la sentenza di questa corte n. 225 del 1974, quello radiotelevisivo costituisce un servizio pubblico essenziale, di preminente interesse generale che, per questa sua natura, non può formare, neppure in parte, oggetto di attività privata.

Il patrocinio della R.a.i.- TV, inoltre; ammette sostanzialmente l’esistenza dello stato di fatto asserito nelle ordinanze, ma deduce che è reso possibile soltanto transitoriamente, in quanto è in corso di completamento lo studio da parte degli organi tecnici statali, per la realizzazione, su scala nazionale, di due nuove reti televisive, realizzazione che assorbirebbe gran parte della disponibilità di canali attualmente esistenti.

L’Avvocatura generale dello Stato, infine, prospetta, senza peraltro insistervi; una eccezione di difetto di rilevanza, comune a tutte le ordinanze in esame, che dovrebbe trovare fondamento nella considerazione che, agli effetti penali, sia in regime di concessione, sia in regime di autorizzazione, la sanzione, in caso di inosservanza delle norme che le disciplinano, è identica;

Chiariti, come precede, i termini delle tesi contrapposte, valgono, in ordine ad esse, le considerazioni che seguono.

5. – La eccezione di difetto di rilevanza prospettata, nei termini sopra esposti, dall’Avvocatura generale dello Stato, è priva di giuridico fondamento.

L’eventuale dichiarazione di fondatezza delle questioni sollevate con le ordinanze in esame, infatti non implicherebbe l’automatica applicazione agli impianti già esistenti del regime di autorizzazione, ma renderebbe necessario l’intervento del legislatore per stabilirne i modi e le condizioni di attuazione, in attesa del quale, poiché il regime di autorizzazione presuppone un vero e proprio diritto perfetto del richiedente, sarebbero inapplicabili sanzioni penali prevedute per ipotesi diverse, anche se analoghe.

6. – Nel passare, quindi, all’esame del merito delle proposte questioni, è necessario tener presente che, come si è posto in rilievo in narrativa, la legittimità costituzionale del monopolio statale per quanto attiene alle trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale non è contestata dalle ordinanze di rimessione, le quali anzi, in conformità con le statuizioni della sentenza di questa corte n. 226 del 1974 recepite dal legislatore nell’art. 1 legge n. 103 del 1975, ne riconoscono il carattere di servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale.

La tesi fondamentale, comune a tutte le ordinanze e sopra ricordata, sulla quale poggiano le denunziate violazioni di norme costituzionali, consiste nell’affermazione che il presupposto del riconoscimento della legittimità di tale monopolio è la limitatezza dei canali disponibili e che tale presupposto non sussiste per quanto attiene alle trasmissioni su scala locale.

Ai fini del decidere è, quindi, necessario accertare se e sino a qual punto siano esatti i termini giuridici e di fatto sui quali poggia la tesi come sopra riassunta.

A tale riguardo è da rilevare che dalle sentenze n. 59 del 1960

e n. 223 del 1974 risulta in modo del tutto evidente che questa corte al riconoscimento della legittimità del monopolio statale è pervenuta sul presupposto della limitatezza dei canali utilizzabili.

Ma, nel contempo, emerge la considerazione dell’attività d’impresa di cui si tratta, come servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale.

Stante ciò, ove si constati, come è ragionevole fare sulla base delle diffuse cognizioni tecniche e delle pratiche realizzazioni in atto esistenti, la ingiustificatezza, allo stato attuale, della tesi secondo cui sussisterebbe una concreta limitatezza in ordine alle frequenze utilizzabili per le trasmissioni radiofoniche e televisive, deve riconoscersi su scala locale che il relativo presupposto non possa ulteriormente essere invocato.

Il che, però, non richiede né tanto meno comporta che debba escludersi la legittimità costituzionale delle norme che riservano allo Stato le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala nazionale. Giacché, e ciò giova ribadirlo in modo espresso, la radiodiffusione sonora e televisiva su scala nazionale rappresenta un servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale.

7. – Ne consegue che la normativa de qua, oggetto di denuncia, si appalesa costituzionalmente illegittima in riferimento agli art.3 e 21 Cost.

Sotto il profilo della violazione dell’art. 3, in quanto che, se non sussiste la illimitatezza di frequenze, propria delle trasmissioni via cavo, esiste, tuttavia, per le trasmissioni su scala locale via etere una disponibilità sufficiente a consentire la libertà di iniziativa privata senza pericolo di monopoli od oligopoli privati, dato anche il costo non rilevante degli impianti, cosicché il. non consentirla, al contrario di quanto si è fatto per le trasmissioni via cavo, implica violazione del principio di eguaglianza, sancito dalla norma a riferimento.

Sotto il profilo della violazione dell’art. 21 Cost., giacché, esclusa la possibilità di monopoli od oligopoli per le trasmissioni su scala locale, viene meno l’unico motivo che per queste ultime trasmissioni possa giustificare quella grave compressione del fondamentale principio di libertà, sancito dalla norma a riferimento, che anche un monopolio di Stato necessariamente comporta.

8. – Il riconoscimento del diritto di iniziativa privata, nei limiti risultanti da quanto precede, data la connessione con il servizio pubblico essenziale e di preminente interesse generale., costituito, tra l’altro, dalla diffusione via etere su scala nazionale di programmi radiofonici e televisivi ed affidato al monopolio statale, postula la necessità dell’intervento del legislatore nazionale perché stabilisca l’organo dell’amministrazione centrale dello Stato competente a provvedere all’assegnazione delle frequenze ed all’effettuazione dei conseguenti controlli, e fissi le condizioni che consentano l’autorizzazione all’esercizio di tale diritto in modo che questo si armonizzi e non contrasti con il preminente interesse generale di cui sopra e si svolga sempre nel rigoroso rispetto dei doveri ed obblighi, anche internazionali, conformi a Costituzione.

In particolare si dovranno stabilire: a) i requisiti personali del titolare dell’autorizzazione e dei suoi collaboratori, che diano affidamento di corretta e responsabile gestione delle trasmissioni; b) le caratteristiche tecniche degli impianti e la relativa zona di servizio, nonché .la specificazione delle frequenze e dei canali utilizzabili; c) l’esatta indicazione dell’ambito di esercizio, il cui carattere “locale” deve essere ancorato a ragionevoli parametri d’ordine geografico, civico, socio-economico, che consentano di circoscrivere una limitata ed omogenea zona di utenza, senza, peraltro, eccessive restrizioni, tali da vanificare l’esercizio medesimo; d) eventuale fissazione di turni ed adozione di ogni altro accorgimento tecnico, al fine di non turbare il normale svolgimento del servizio come sopra riservato allo Stato ai sensi degli art. 1 e 2 citata legge n. 103 del 1975 e di ogni altro servizio parimenti riservato allo Stato, ed al fine di rendere possibile il concorrente esercizio di attività da parte degli altri soggetti autorizzati; e) limiti temporali per le trasmissioni pubblicitarie, in connessione con gli analoghi limiti imposti al servizio pubblico affidato al monopolio statale; f) ogni altra condizione necessaria perché l’esercizio del diritto, previa autorizzazione, si svolga effettivamente nell’ambito locale e non dia luogo a forme di concentrazione o situazioni di monopolio o oligopolio.

Ove concorrano le condizioni, da stabilire nei modi sopra indicati, il rilascio dell’autorizzazione è vincolato e non meramente discrezionale, con tutte le conseguenze giuridiche che tale natura dell’atto comporta nel nostro ordinamento.

9. – Va, infine, rilevato che nell’art. 14, 1° comma, lette d), legge n. 103 del 1975 è posta a carico della società concessionaria “la realizzazione graduale di altri impianti radiofonici e televisivi, ad esaurimento delle disponibilità consentite dalle frequenze assegnate all’Italia dagli accordi internazionali per i servizi di radiodiffusione”, e va considerato che dalla presente declaratoria di illegittimità costituzionale consegue, a norma dell’art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87, la stessa declaratoria per il detto art. 14 per la parte in cui è previsto l’esaurimento delle disponibilità.

Per questi motivi, a) dichiara l’illegittimità costituzionale degli art. 1, 2 e 45 legge 14 aprile 1975 n. 103 (nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva) nella parte in cui non sono consentiti, previa autorizzazione statale e nei sensi di cui in motivazione, l’installazione e l’esercizio di impianti di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l’ambito locale; b) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli art. 1, 2, 3, 4, 45, 46, 47 e 48 citata legge 14 aprile 1975 n. 103, sollevata, in riferimento agli art. 1, 2, 3, capov., 9, 10, 11, 21, 33, 49 e 138 ,Cost., dal Pretore di Ancona con l’ordinanza indicata in epigrafe; c) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 195, 10 ed ult. comma, d. pres. 29 maggio 1973 n. 156 (approvazione del t. u. delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) sollevata, in riferimento agli art. 41 e 43 Cost., dal Tribunale di Genova con l’ordinanza indicata in epigrafe; d) dichiara, a norma dell’art. 27 legge 11 marzo 1953 n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 citata legge 14 aprile 1975 n. 103 nella parte in cui prevede la possibilità che mediante le realizzazioni di impianti da parte della società concessionaria siano esaurite le disponibilità consentite dalle frequenze assegnate all’Italia dagli accordi internazionali per i servizi di radiodiffusione.